sabato 28 febbraio 2009

ARCADE FIRE / Neighborhood #3




Questa valle è triste e grigia: una fredda nebbia
la opprime;
come fronte di vecchio l'orizzonte è rugoso;
uccello, gazzella,
prestatemi il vostro volo; lampo, portami via!
in fretta, presto,
verso i prati del cielo dove la primavera regna
e ci invita
alla festa eterna, allo splendido concerto
che sempre vibra,
la cui eco lontana turba la fibra
del mio cuore ansimante.
Là, sotto gli occhi di Dio benedicente, raggiano
strani fiori,
là sono alberi in cui come nido gorgheggiano
migliaia d'angeli;
là ogni suono sognato, là ogni splendore
inaccessibile
formano, in un imene miracoloso, cori
inenarrabili!
là, vascelli innumerevoli dai cordami di fuoco
fendono le onde
di un lago di diamante dove sono dipinti
il cielo blu e i mondi;
là, nell'aria incantata, volteggiano odori
ammalianti,
inebriando insieme il cervello e i cuori
con le loro carezze.
E vergini dalla carne fosforescente, dagli occhi
la cui orbita austera
racchiude la siderale immensità dei cieli
e del mistero,
baciano castamente, come si addice ai defunti,
il santo poeta
che scorge un turbinìo di legioni di spiriti
sulla sua testa.
L'anima, in questo Eden, beve a lunghi sorsi l'ideale,
torrente splendido
che scende da alti luoghi e svolge il suo cristallo
senza una ruga.
Ah! per trasportarmi in quel settimo cielo,
me, povero diavolo,
me, fragile figlio di Adamo, cuore tutto materia,
lontano dalla terra,
da questo mondo impuro dove ogni giorno il fatto
distrugge il sogno,
dove l'oro rimpiazza tutto, la bellezza, l'arte, l'amore,
dove non si solleva
alcuna gloria un poco pura senza che i fischiatori
la deflorino,
dove gli artisti per disarmare i denigratori
si disonorano,
lontano da questa galera dove, tranne il debosciato che se la dorme,
tutti sono infami,
lontano da tutto ciò che vive, lontano dagli uomini
e ancor più dalle donne,
aquila, al sognatore ardito, per alzarlo dal suolo,
apri la tua ala!
Lampo, portami via! Uccello, gazzella,
prestatemi il vostro volo!

PAUL VELRAINE

LEONARD COHEN / ANTHEM




SIERRA LEONE: I bambini vittime di bambini soldato

Raffaele Masto, giornalista di Radio Popolare, nel febbraio scorso ha visitato il progetto che la Fondazione "aiutare i bambini" ha realizzato in Sierra Leone in collaborazione con Padre Maurizio Boa, per sostenere le spese scolastiche di 30 bambini orfani che hanno subito amputazioni a Freetown.
Durante le sue giornate a Freetown, Raffaele ha incontrato bambini con alle spalle storie orrende, di violenza e ferocia che li hanno segnati anche fisicamente. Raffaele ha raccolto queste storie e ce le racconta mostrando quanto un aiuto, come quello di Padre Maurizio, può significare per far tornare sorrisi cancellati dal terrore.

"Uno dei lati del cortile è delimitato da un ampio muro dipinto di giallo oltre il quale ci sono le camerette: piccole, ordinate, sobrie, con i letti a castello. Le ragazze - adolescenti intorno ai 14-15 anni - chiacchierano allegre nel cortile, alcune si fanno le "treccine" a vicenda, altre ascoltano musica da un vecchio registratore, altre cucinano riso e carne in un pentolone su un fuoco di legna che arde nel centro del cortile.
Fuori la caotica Freetown vive le ultime ore di luce della giornata. Sulla Kissy Road sfrecciano auto sgangherate, taxi collettivi, camion stracolmi a fianco di file di pedone che, a loro volta, trasportano mercanzie varie, sacchi di farina, fascine di legna, le donne con bambini legati sulla schiena e in equilibrio sul capo secchi, taniche, fagotti. Tra poco la città piomberà nel buio, a Freetown non c'è la luce elettrica. Non per questo la vita si fermerà, gli abitanti ci sono abituati: la luce è un lusso, l'importante che non ci sia la guerra.
Tutti la ricordano la guerra, dieci anni di follia, uno dei conflitti più crudeli e feroci di tutto il continente. Una sciagurata formazione guerrigliera, il Ruf, Fronte Unito Rivoluzionario, ha inondato di terrore il paese con una guerra civile combattuta da ragazzini. Qui i bambini soldato sono stati usati in modo scientifico dal leader guerriglieri. Quando veniva attaccato un villaggio gli adolescenti erano obbligati a compiere gli atti più disumani come uccidere i genitori o le sorelle. Un sistema per annullare nelle loro coscienze qualunque barlume di umanità. Poi venivano inquadrati nelle file del Ruf, spesso drogati, ai più grandi veniva dato un kalashnikov, i più piccoli costretti a fare i lavori di fureria: lavare i panni dei comandanti, cucinare, trasportare materiale e armi nei trasferimenti nella boscaglia.
Le ragazze della Casa Famiglia di Don Maurizio, missionario da anni a Freetown, conoscono bene questi bambini-soldato, ne sono le vittime. Sinnah, quattordici anni, è stata accecata in un modo crudele, le hanno fatto colare negli occhi le gocce di un sacchetto di plastica bruciato. Con Saffy sono stati più spicci, le hanno cavato gli occhi con la baionetta. Sidimba ha un altra storia, fa parte della folta schiera di mutilati. Con un colpo netto di machete le hanno amputato il braccio destro all'altezza della spalla, non potrà mai portare una protesi. Nel linguaggio crudele dei guerriglieri era una "manica corta". Altri mutilati, le "maniche lunghe" sono stati più fortunati, hanno tagliato un braccio all'altezza del polso. Ma in questo feroce repertorio di crudeltà c'era la variante della doppia amputazione: al polso ma ad entrambe le braccia.
In Sierra Leone gli amputati sono migliaia. Questa pratica è stata usata su larga scala e in modo scientifico per spargere terrore e privare il governo di qualunque sostegno. Oggi i mutilati sono un peso per il paese: sono improduttivi e avrebbero bisogno di essere assistiti, di fatto sono abbandonati a se stessi.
Paradossalmente Sidimba, Saffy, Sinnah e le altre sono fortunate. Padre Maurizio le ha accolte nelle sue case famiglia, paga loro la retta per andare a scuola e ha organizzato le residenze in modo che la solidarietà sia la regola. Chi è cieca viene aiutata da chi può vedere e queste, che sono mutilate di braccia o gambe, possono avvalersi degli arti delle loro compagne. La vita nella Casa Famiglia si svolge all'insegna dell'aiuto reciproco e i risultati si vedono: a scuola Saffy, Sidimba, Sinnah sono tra le migliori della loro classe e Padre Maurizio ne è orgoglioso.
Ma le Case Famiglia sono una goccia nel mare dei bisogni della Sierra Leone. Girare per Freetown dà l'idea di cosa è successo in questo paese. Uomini e donne mutilate chiedono l'elemosina su tutte le strade del caotico centro cittadino. Non hanno nulla e spesso sono abbandonati anche dalle loro famiglie che hanno già grosse difficoltà a sfamare i figli. Nel groviglio di auto che si forma nella piazza dell'Albero del Cotone, un tronco maestoso che fa da monumento nazionale perchè vi venivano incatenati gli schiavi, si concentrano i doppi mutilati. Con i loro moncherini tengono un bicchiere di plastica che tendono vicino ai finestrini delle auto. La loro condizione è penosa: hanno bisogno di aiuto per tutto, anche per le banali esigenze quotidiane come mangiare, lavarsi, vestirsi.
Padre Maurizio anche per loro ha cercato di mettere in campo la solidarietà. Hanno bisogno di una famiglia, di un aiuto quotidiano e così con gli aiuti che gli arrivano dall'Italia per alcuni di loro ha costruito e gli ha intestato una casa, uno stratagemma per non farli abbandonare dalle loro famiglie che rimangono con loro grazie al fatto che il loro congiunto può offrire loro un privilegio come una casa vera in muratura per la quale non bisogna pagare un affitto.
E' il caso di Adam al quale Padre Maurizio ha costruito una casa a Waterloo, un sobborgo appena fuori Freetown. Sta seduto all'ombra nella piccola veranda e ricorda il giorno in cui i guerriglieri gli tagliarono entrambe le braccia: stava andando in città quando i guerriglieri lo intercettarono, erano tutti adolescenti molto più giovani di lui. Il capo, un ragazzo sui venti anni, gli impose di appoggiare le mani sul tronco di un albero. Non si accorse nemmeno di cosa stava per accadere quando un ragazzino, con un colpo netto di machete, lo colpì su un avanbraccio e poco dopo sull'altro. In pochi attimi era diventato un mutilato grave. I guerriglieri gli misero le mani in tasca e gli dissero di correre in città e annunciare il loro imminente attacco a Freetown. Era diventato un monito, un sistema per terrorizzare civili e soldati dell'esiguo esercito governativo che difendeva la capitale.
Oggi a guardare Sinnah, Sidimba e Saffy ridere serene nel cortile della loro Casa Famiglia quel passato sembra lontanissimo. Loro non ne parlano ma c'è da stare certi che più di una volta quelle drammatiche storie hanno fatto incursione nei loro sogni e, purtroppo, a volte, si ripercuote anche nelle loro speranze nel futuro. Sidimba è la più loquace e a volte ne parla: "volevo essere bella" - dice con un sorriso triste. Poi cerca di cacciare l'ombra di ricordi che le passa davanti agli occhi: "Quando avrò finito di studiare voglio fare la manager di Banca" - dichiara decisa. "

Grazie a Raffaele Masto per la sua preziosa e toccante testimonianza

ESTRAPOLATO DA:
www.aiutiamoibambini.it

venerdì 27 febbraio 2009

TOM WAITS / HOLD ON





C'è un signore in America che da anni denuncia le illusioni del sogno americano, le solitudini delle metropoli tentacolari, la fatica di vivere dell'uomo contemporaneo che, se troppo debole, rischia di cadere vittima dell'alcool, della droga e in genere di tutti i prodotti destinati a "distrarlo". Questo signore si chiama Thomas Alan Waits ed è uno dei più grandi esponenti di una musica lacerata ed indefinibile, forgiata attraverso la sua consumata gola, proprietaria di corde vocali capaci di raccontare con un solo vocalizzo un intero vissuto.

Genio anticonformista e ribelle ma, sorprendentemente, senza l'infanzia tormentata di rito (anzi, ha sempre avuto un buon rapporto col padre), Tom Waits, pur essendo nato in California (7 dicembre 1949), non ha mai assecondato la deriva di plastica a cui pareva destinato il suo paese. Fin da ragazzo la sua è stata una vita di continuo pellegrinaggio, un'esperienza che probabilmente ha poi segnato il suo percorso di cantore senza meta. San Diego, Laverne, Pomona, Silver Lake, North Hollywood, Whittier sono tutti luoghi che ha conosciuto e in cui ha vissuto.

Amante viscerale della musica (soprattutto dei grandi autori di inizio secolo, Porte e Gershwin compresi), ha cominciato a lavorare a soli quattordici anni in qualità di lavapiatti, per poi passare come cuoco direttamente alla gestione di pentole, intingoli e condimenti vari. Più tardi riesce a farsi assumere come portiere in un Folk Club di Los Angeles, l'"Eritage Club", in cui per la prima volta sale sul palcoscenico per cantare alcune delle sue canzoni.

Herb Cohen, produttore in erba, ne rimane impressionato e nel 1972 lo ingaggia per l'allora nascente etichetta Asylum. Tom Waits si applica e dà alle stampe "Closing time" un eccellente LP con alcune delle sue composizioni migliori, già contrassegnate da quel sound fumoso e jazzy che rappresenta una delle sue caratteristiche. I brani sono apprezzati anche da molti cantanti di giro, che contribuiscono a diffonderne il nome.

Con l'album successivo, "The heart of saturday night", Waits prosegue il suo viaggio fra l'umanità dei perdenti d'America, fatta di frequentatori (troppo) assidui di bar, prostitute e loro poco sensibili clienti. Il suo è un calarsi di matrice quasi biblica fra le sofferenze degli esseri umani dimenticati, spesso in dissidio fra di loro, incapaci di venirsi incontro pur nella reciproca sfortuna.

Il terzo disco invece è già un "live", il criticato "Nighthawks at the diner", seguito però dall'ottimo "Small change". E' un momento d'oro per il singer californiano, la creatività non manca. Mette a punto la sua voce sempre più grattata e sforna uno dietro l'altro capolavori come "Foreign affairs", "Blue Valentine" e "Heartattack and wine", realizzazioni che contengono "ballad" eseguite tutt'oggi con frequenza da vari cantanti di tutto il mondo.

La rotta di Tom Waits si modifica bruscamente con l'album "Swordfishtrombones", nel quale fanno la loro comparsa strumenti esotici, tessiture armoniche e melodiche inusuali per la scrittura fino a quel momento relativamente lineare dell'artista.

Talento eclettico, Waits è sempre stato affascinato anche dal cinema, un universo in cui il suo volto scavato ed espressivo emerge al meglio. Ha infatti partecipato a film come "Rumble fish", "Ironweed" e il celebre "Down by law" con il nostro Roberto Benigni.

Gli album successivi sono tutti di ottimo livello e confermano il talento inquieto di Waits. "Rain dogs" (che vede nel brano "Big Mariah" la partecipazione del chitarrista dei Rolling Stones Keith Richards), "Franks wild years", "Big time", la colonna sonora "Night on earth", "Bone machine" e "The black rider", sono le realizzazioni che, pur con una certa discontinuità dettata da momenti di crisi, hanno visto la luce fra gli anni '80 e gli anni '90.

Nel 1999, dopo quasi sette anni di silenzio, esce a sorpresa un nuovo album, intitolato "Mule variations", titolo che ha attirato l'attenzione della stampa come raramente è successo per un album di Waits.
Seguono nel 2002 ben due album: "Alice" e "Blood money", entrambi frutto della collaborazione con il drammaturgo Robert Wilson (che aveva già dato vita a "The black rider").
Le canzoni di "Alice" risalgono all'omonima messa in scena dei primi anni '90, mentre quelle di "Blood money" sono la colonna sonora del più recente "Woyzeck".



Aforismi di tom waits:

Riesco quasi sempre a cavalcare sia la realtà che l'immaginazione. La mia realtà ha bisogno dell'immaginazione come una lampadina ha bisogno della presa. La mia immaginazione ha bisogno della realtà come un cieco ha bisogno del suo bastone.....

Il paradiso per me? Mia moglie ed io sulla Route 66 con una tazza di caffè, una chitarra da quattro soldi, un registratore preso dal rigattiere, una stanza del Motel 6, e una macchina in buone condizioni parcheggiata davanti alla porta.....

Negli anni Settanta, un'etichetta discografica a Los Angeles ha prodotto un disco dal titolo "Il meglio di Marcel Marceau": Erano quaranta minuti di silenzio seguiti da un applauso e ha venduto molto bene. Quando ho ospiti in casa, mi piace metterlo. Però mi secca davvero se la gente comincia a chiacchierare.....

Se John Lennon avesse avuto anche la più lontana idea che un giorno Michael Jackson avrebbe potuto decidere sull'utilizzo del suo materiale, sarebbe uscito dalla tomba e l'avrebbe preso a calci nel culo, ma cosi' forte che tutti noi ci saremmo divertiti.....

Un mercantile giapponese era stato silurato durante la Seconda guerra mondiale e giaceva sul fondo del porto di Tokyo con un grosso buco nello scafo. Una squadra di ingegneri viene convocata per riportare a galla il vascello danneggiato. Uno di loro, per affrontare il problema, ricorda di aver visto un cartone animato di Paperino quando era piccolo e c'era una nave affondata con un buco nello scafo e per riportarla a galla l'hanno riempita di palline da ping-pong. Gli altri ingegneri, assai scettici, si mettono a ridere ma uno di essi è disposto a provare. Certo, dove diavolo potevano trovare venti milioni di palline da ping-pong se non a Tokyo? E quella è stata la soluzione ideale. Le palline furono sparate nello scafo e la nave tornò a galla. Morale: le soluzioni dei problemi si trovano nei posti più impensati. E inoltre, credi in te stesso anche nelle peggiori avversità.....


Siamo sepolti sotto il peso delle informazioni, che vengono confuse con la conoscenza. La quantità è scambiata con l'abbondanza e la ricchezza con la felicità. Il cane di Leona Helmsley ha guadagnato 12 milioni di dollari l'anno scorso... e Dean McLaine, un contadino dell'Ohio, ne ha portati a casa 30.000. E' una versione colossale della pazzia che germoglia nei nostri cervelli, senza eccezioni. Siamo scimmie armate e piene di soldi.....

articolo preso da http://biografie.studenti.it/biografia.htm?BioID=735&biografia=Tom+Waits

giovedì 26 febbraio 2009

LOU REED / LEAVE ME ALONE




LOU REED / MATILDA A PASSO DI VALZER


Ballando un valzer, Matilda tirò fuori il portafogli,
il ragazzo sexy sorrise costernato,
lei prese quattro banconote da venti
perché le piacevano le cifre tonde...
chiunque è regina per un giorno,
oh babe, sono eccitata
e lo sai che mi piace il tuo corpo,
perché non scivoliamo via?
Benché sia sicura che tu sappia
che io flirto raramente....
così, si così babe, su, andiamocene via...
lussurioso e bellissimo, oh che muscolo,
lei se ne venne nei jeans
mentre lui raccoglieva i soldi
dal banco di formica del bar
e con un movimento lento la sollevò
e audacemente la portò lontano da questo mondo
e nonostante la derisione della gente,
finì per essere ben più che un divertimento...
più tardi entrò lentamente in lei
e le mostrò da dove veniva
e poi fece l'amore con lei così delicatamente,
che fu come se lei non fosse mai venuta prima...
quando sorse il sole
e lui si preparò per andare via,
nessuno dei due si pentì di nulla...
sha la la la la la

mercoledì 25 febbraio 2009

INDIAN JEWELRY / SWANS




BAUDELAIRE / ABELE E CAINO

Razza d'Abele, dormi, bevi e mangia:
con che compiacimento ti sorride Dio!

Razza di Caino, striscia
nel fango e muori miserabile!

Razza d'Abele, il tuo sacrificio
accarezza il naso ai Serafini!

Razza di Caino, il tuo supplizio
potra mai avere fine?

Razza d'Abele, guarda prosperare
II tuo bestiame e le tue semine!

Razza di Caino, le tue viscere
urlano di fame come un vecchio cane!

Razza d'Abele, scaldati il ventre
al focolare patriarcale!

Razza di Caino, trema di freddo
nel tuo antro, povero sciacallo!

Razza d'Abele, ama e prolifica!
Anche il tuo oro si moltiplica!

Razza di Caino, guardati
dalle grandi brame, cuore ardito!

Razza d’Abele, tu cresci e ti pasci
come le cimici dei boschi!

Razza di Caino, trascina per le strade
la tua famiglia disperata!

Razza d'Abele, la tua carogna
ingrasserà la fumante terra!

Razza di Caino, il tuo compito
non è ancora finito!

Razza d'Abele, vergognati!
II ferro e vinto dallo spiedo!

Razza di Caino, sali al cielo
e scaraventa sulla terra Dio!

lunedì 23 febbraio 2009

SPRINGSTEEN / ACROSS THE BORDER




Ti stringo nelle mia braccia, si ecco quando inizia…
cerco la fede nel tuo bacio e comodità nel tuo cuore…
gusto il seme sopra le tue labbra, stendo la mia lingua sopra le tue cicatrici,
ma quando guardo nei tuoi occhi ci troviamo in mondi distanti,
dove gli oceani distanti cantano e sorgono le pianure…
in questa regione secca e turbata la tua bellezza resta…
laggiù dalla strada della montagna, dove la strada principale rotola fino a fare buio,
sotto la pioggia benedetta di Allah, rimaniamo mondi distanti.
Qualche volta la verità non è abbastanza
o è troppa nei tempi…
allora getta via la verità, la troveremo in questo bacio,
nella tua pelle sopra la mia pelle, nei battiti dei nostri cuori…
forse il vivere ci lascerà entrare prima che la morte ci separi…
lasceremo che il sangue costruisca un ponte oltre le montagne ornate di stelle…
ti rivedrò sullo spartiacque tra questi mondi distanti.
Abbiamo avuto questo momento per vivere, il resto è solo polvere e buio…
lasciamo che l’amore dia ciò che da...
lasciamo che l’amore dia ciò che da.

Mondi Distanti / Bruce Springsteen

Il mio pensiero va a te…
a te fratello mio, a te che porti negli occhi la disperazione del tuo vivere…
a te che lotti per un brandello di dignità….
a te che guardi il mondo impaurito…
a te che cerchi disperatamente un sorriso, un abbraccio o una semplice parola di conforto…
a te che vieni da un mondo lontano
ANGELO

NICK CAVE / DO YOU LOVE ME




DOVE CRESCONO LE ROSE SELVATICHE / NICK CAVE
Mi chiamano Rosa Selvatica ma il mio nome era Elisa Day, perchè mi chiamano così? Io non lo so in quanto il mio nome era Elisa Day. Dal primo giorno che l'ho vista ho capito che era lei, lei mi fissò negli occhi e sorrise perchè le sue labbra erano del colore delle rose che crescono lungo il fiume, colore di sangue e follia. Quando lui ha bussato alla mia porta ed è entrato nella stanza, il mio tremore si è fermato nel suo abbraccio sicuro... lui sarebbe stato il mio primo uomo, e avrebbe avuto una mano gentile... pulì le lacrime che scorrevano sul mio viso. Il secondo giorno le portai un fiore, lei era più bella di ogni donna che avessi mai visto, dissi "Sai dove le rose selvatiche crescono così scarlatte, dolci e libere?" Il secondo giorno lui arrivò con una rosa rossa, disse "Darai a me la tua sconfitta e il tuo dolore"... io accennai col capo, mentre ero sdraiata sul letto... lui disse "Se ti mostro le rose, tu mi seguirai?" Il terzo giorno lui mi portò al fiume, mi mostrò le rose e ci baciammo e l'ultima cosa che io udii fu una parola sussurrata mentre si inginocchiava su di me (rimanendo sorridente), con una pietra nel suo pugno. L'ultimo giorno la portai dove crescono le rose selvatiche e lei si distese sull'argine, il vento leggero come un ladro, la baciai nel momento dell'addio, le dissi "Tutte le cose belle devono morire" e lasciai scendere la mano e misi una rosa tra i suoi denti.